martedì 22 dicembre 2009

venerdì 6 novembre 2009

Veneto paramilitare


Nel TGR Veneto del 05/11/2009 nell’edizione pomeridiana viene data la notizia di 13 indagati per costituzione di banda armata di cui uno è un comandante dei vigili urbani e alcuni sono ex poliziotti tutti della provincia di Treviso, e della scoperta di un “covo” dove erano custodite armi, munizioni e divise di un fantomatico esercito di liberazione veneto. Il filmato porta il titolo “Veneto paramilitare”; il servizio è di Diana Paoli ed è visibile saltando la parte iniziale e andando subito al minuto 4,46 del seguente sito:
http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/veneto/2009/11/05/visualizza_new.html_994178834.html

Ancora:
http://www.youtube.com/watch?v=xlst4KGmzFs
http://www.youtube.com/watch?v=zw0qfS2Qy94
http://www.youtube.com/user/trevisopress1

La notizia è riportata anche su alcuni giornali locali e sul giornale della polizia municipale, mi sembra senza darne troppo peso quasi fosse una goliardata
http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2009/5-novembre-2009/movimento-liberazione-veneto-associazione-paramilitare-13-indagati--1601963848204.shtml
http://www.gazzettino.it/articolo.php?id=79259&sez=NORDEST&ctc=30&ordine=desc
http://www.poliziamunicipale.it/aree/stampa.aspx?idt=3&s=4&id=7265
http://bluradioveneto.it/eventi-news/indagati-treviso-13-appartenenti-polisia-veneta

A me sembra invece una notizia piuttosto sconvolgente. Ma quello che mi ha stupito è stato non trovare riscontro nei TG nazionali della sera né del giorno dopo, ma evidentemente in tempi di quotidiane intimidazioni alla libertà d’informazione non ci si deve sorprendere di nulla. Andando poi a curiosare in internet scopro siti che mi fanno sentire a disagio in quanto veneto. Ne indico solo un paio
http://informazioneveneta.blogspot.com/2009/11/autogoverno-del-popolo-veneto-una-banda.html
http://statoveneto.net/goerno/ ma digitando “autogoverno del popolo veneto” su un qualsiasi motore di ricerca se ne possono “ammirare” molte pagine.

Caso mai il clima da queste parti diventasse troppo freddo, visti i cambiamenti climatici in corso, chiedo fin d’ora ospitalità in una regione calda.

venerdì 3 luglio 2009

Aggiungi la tua firma

Invito i visitatori di questo blog a leggere il post di Andreas Formiconi "apriamo gli occhi"

e a firmare la petizione

L’imprevisto

L’interruzione involontaria e imprevista delle attività quotidiane può arrivare nella forma della malattia. I segnali che l’avevano preceduta erano evidenti. L’averli trascurati per poter portare a compimento gli impegni presi ha però determinato il blocco di ogni attività con la conseguenza di impedire di portare a termine proprio il compito che mi ero prefisso. Riporto di seguito alcuni pensieri sull’esperienza vissuta.

La malattia, il corpo e la mente

Un tempo gli uomini convivevano con la dimensione dell’imprevisto. Legate e dipendenti dagli eventi naturali, al ciclo delle stagioni le persone mettevano in conto e accoglievano quanto gli accadeva. Si sentivano, anzi si mettevano nelle mani di qualcuno o di qualcosa. Poteva essere la provvidenza, il destino o semplicemente il padrone. Oggi, uomini emancipati, ci sentiamo liberi da questi condizionamenti e forti della libertà conquistata pensiamo di essere gli artefici del nostro destino, delle nostre scelte. Organizziamo la nostra vita, facciamo piani a breve e a lungo termine sicuri che tutto procederà come programmato. Anche gli imprevisti sono sotto controllo.
Capita però che si presentino imprevisti “non previsti” che riguardano ad esempio la salute. Imprevisti che ti impediscono letteralmente di muoverti come essere colpiti da una lombo sciatalgia. Talmente dolorosa e invalidante da costringerti su un letto d’ospedale sottoposto a una terapia a base di non meglio precisati “analgesici”. Un imprevisto che capita proprio nel periodo in cui devi sostenere gli ultimi esami del corso di laurea; che ti costringe a rimandare non solo gli esami ma anche la discussione della tesi. Bella sfiga no?
La buona salute è la condizione prima del nostro agire, del nostro vivere. La diamo per scontata, sottintesa. È l’ultima cosa che pensiamo possa venir meno. Invece la malattia ci ricorda che il corpo fisico è parte integrante della persona che siamo e non possiamo trascurarlo nemmeno per coltivare la mente.

28 giugno 2009

In ospedale

Dopo una settimana di cure a casa la mia lombo sciatalgia si aggrava. Non riesco più a muovermi, a scendere dal letto. Non ci resta che chiamare il pronto soccorso. Mi vengono a prendere con l’ambulanza. Non vorrei ma non si può fare altrimenti. Sono molto arrabbiato. La barella che non gira sulle scale a chiocciola, i vicini curiosi; non posso muovermi ma sono cosciente e mi vergogno. Una volta ricoverato mi sottopongono a una flebo da 500ml. Sul flacone di vetro c’è scritto genericamente “analgesico”. Chissà cosa c’è dentro? Non lo voglio sapere, mi basta che funzioni. Nel giro di un paio d’ore il dolore si attenua; riesco a cambiare posizione, a girarmi sul fianco sinistro.
Mi guardo intorno, osservo i movimenti degli infermieri, il loro entrare nella stanza, occuparsi dei pazienti, uscire. Mi rendo conto che seguono delle ruotine precise. Il tempo è scandito da routine e questo, permettendoti di prevedere quello che avverrà nelle prossime ore, è rassicurante.
Penso che è il mio primo ricovero. Mi pare di approfittare della situazione, di abusare di un servizio che invece dovrebbe essere riservato a chi ha problemi di salute più seri come il simpatico nonnetto disteso immobile sul letto accanto al mio, reduce da una caduta dove si è fratturato una braccio, un piede e una vertebra. Mi pare che il trattamento riservatomi sia “troppo” rispetto alle mie reali necessità. È strana perché nuova questa sensazione di essere nelle mani di altri che si prendono cura di me. Posso non preoccuparmi, altri lo fanno per me. Non c’è bisogno che tenga tutto sotto controllo, posso lasciarmi andare, abbandonarmi nelle mani di altri di cui posso fidarmi. Ha qualcosa di familiare questa sensazione dolce, protettiva, rassicurante e mi chiedo quando ancora ho provato qualcosa di simile.
Dalle profondità della memoria emotiva emergono sensazioni provate nell’abbandono nell’abbraccio materno.

29 giugno 2009

Il “pappagallo”

Il primo giorno d’ospedale ho fatto l’esperienza del “pappagallo”. Il pappagallo è un recipiente sagomato in modo tale da permettere ai pazienti maschi di fare “pipì” stando a letto.
Fare “pipì” distesi non è affatto naturale. Non viene spontaneo. Tanto più se lo devi fare in una stanza dove ci sono altre persone e pensando che poi sono le infermiere a doverlo svuotare. Cerchi di convincerti che in ospedale è cosa normale, all’ordine del giorno e nessuno ci fa caso, ma ti vergogni ugualmente. Ma questo è niente: per “altri” bisogni si usa la “padella”. Fortunatamente non ho avuto bisogno di fare anche questa esperienza umiliante.

30 giugno 2009

Non tutto il male viene per nuocere

Una settimana d’ospedale senza fumo. Sarà stato l’ambiente, la situazione, i ritmi diversi dal quotidiano, l’analgesico o non so cos’altro, ma non ne sentivo il bisogno. Si, in certi momenti, per esempio dopo i pasti, mi tornava in mente il piacere della sigaretta, ma la sua mancanza, con un minimo di forza di volontà, era sopportabile.




Perché non cogliere l’occasione per smettere, mi sono detto. E così ho fatto. Tornato a casa e ripresi i normali ritmi e routine che prevedevano momenti riservati alla sigaretta, resistere è più difficile, ma finora ci sto riuscendo.

02 luglio 2009

giovedì 4 giugno 2009

Schoolbook Camp a Fondinovo

Riporto la video intervista realizzata da Giorgio Jannis su SchoolbookCamp a Fosdinovo.

http://vimeo.com/4944192

SchoolbookCamp a Fosdinovo. Videointerviste from Giorgio Jannis on Vimeo.

mercoledì 3 giugno 2009

Citazione Raniero Regni


Sia Enrico che Emanuela hanno citato Raniero Regni, nostro prof. di Politiche della Formazione.

Voglio citarlo anch'io su alcuni passaggi che mi pare si sposino con il pensiero di Andreas espresso in "Coltivare le Connessioni".



(...) questa consapevolezza (del pensiero sistemico) doveva essere già
chiara con la fisica quantistica, perchè le particelle subatomiche non sono cose, ma interconnessioni fra cose. (...) Anche Internet non è una cosa, non è
un'entità e non è neanche un'organizzazione, ma è semplicemente la rete di tutti i computer interconnessi (dietro ogni computer c'è una persona). La rete delle reti richiama la rete della vita. Ogni nodo, se ingrandito, si mostra esso stesso una rete, così come accade per la trama della vita. Questo nuovo paradigma evolutivo e della complessità ci invita a pensare in termini di connessione, relazione e contesto. (...) Che la vita sia fondalmentalmente autorganizzazione a tutti i livelli, dal più semplice al più complesso; che le interazioni di un organismo vivente con il suo ambiente siano interazioni cognitive, ossia mentali, per cui vita e cognizione appaiono connesse in modo inseparabile; che il pianeta terra nella sua interezza sia un sistema vivente autorganizzantesi, appaiono oggi ipotesi affascinanti che debbono trovare un posto anche nei saperi scolastici (...).

lunedì 25 maggio 2009

A conclusione del 1° cap. di "L'Europa nell'età globale" Antony Giddens si chiede a quali esperienze dei paesi menbri l'Europa dovrà attingere per costruire un nuovo Modello Sociale.


Un'Europa in grado di reggere la concorrenza con il resto del mondo dovrà prendere:

- dalla Finlandia il tasso di penetrazione delle Ict;

- dalla Germania la produttività industriale;

- dalla Svezia i livelli di uguaglianza;

- dalla Danimarca il tasso di occupazione;

- dall'Irlanda la crescita economica;

- dall'Italia la cucina, annaffiata con vino ungherese;

- dalla Repubblica Ceca il livello di cultura letteraria;

- dalla Francia il livello dei sevizi sanitari;

- dal Lussemburgo il livello del Pil pro capite;

- dalla Norvegia i livelli di istruzione (...);

- dalla Gran Bretagna lo spirito cosmopolita;

- da Cipro il clima.

La sottile sfumatura umoristica dell'elenco mi è sembrata davvero degna di essere citata.

martedì 19 maggio 2009

poesia

Una poesia a cui sono affezionato:

lentamente muore


Ancora su E-book

Leggo su oneweb 2.0. che Scribd aggiunge uno store per la vendita on-line di e-book

Questo il link:
http://www.oneweb20.it/19/05/2009/scribd-aggiunge-uno-store/

lunedì 18 maggio 2009

e-book

A proposito di e-book partendo dal link "schoolBarcamp" del post "Varie prossime date"di Andreas sono giunto al blog di Antonio Tombolini nel quale trovo una breve presentazione dal titolo: "la conquistata felice ambiguità dell’e-book" che segnalo.

domenica 17 maggio 2009

Nativi e immigrati digitali

La definizione di digital natives e digital immigrants è una metafora efficace, e perciò è entrata con successo nell’uso corrente, per descrivere il diverso approccio alle nuove tecnologie da parte delle nuove generazioni, cresciute nell’era di Internet, rispetto a quello delle generazioni cresciute al tempo del libro.
In realtà, ad essere immigrate sono le ICT. Il fenomeno, da un certo punto di vista, non è nuovo.
In fondo, semplificando (molto), si tratta di un’insieme di innovazioni tecnologiche che diffondendosi e diventando fenomeno di massa, stanno cambiando il modo di comunicare con ricadute in tutti gli aspetti della vita delle persone. Ma in passato l’introduzione di nuove tecnologie ha sempre determinato profondi cambiamenti nelle società. Si pensi alla scoperta del fuoco, all’uso dei metalli, all’introduzione della ruota, alla scrittura e poi alla stampa. Ma per restare a tempi a noi più vicini si pensi all’avvio dell’industrializzazione del nostro paese nel secondo dopoguerra e in particolare al fenomeno correlato della motorizzazione di massa. Mi pare si possa stabilire un parallelo tra quel fenomeno e quello attuale della diffusione delle ICT. Quando l’auto si diffuse negli anni ’60 trovò ad accoglierla una popolazione che si poteva come ora dividere in nativi e immigrati. I nativi come ora erano le nuove generazioni nate e cresciute con l’auto, gli immigrati gli adulti cresciuti prima del suo avvento e diffusione. Fu profondamente diverso l’approccio al mezzo e l’impiego che ne fecero le due categorie di utenti. Da una parte i giovani fecero diventare l’auto un oggetto di liberazione dai vincoli della distanza, un oggetto di divertimento e socializzazione, la personalizzarono, ne fecero un’alcova, dall’altra gli “adulti” la usarono come un mezzo che in qualche modo affermava il raggiunto benessere e la considerano un oggetto di lusso da utilizzare nei giorni di festa o comunque per occasioni particolari. Ci volle del tempo per farne un oggetto di tutti i giorni. Anche dal punto di vista della competenza e dell’abilità di guida le due categorie si differenziavano nettamente. A questo proposito ricordo, quando a metà anni ’70 presi la patente, il maestro di guida che si raccomandava di diffidare da quelli che portavano il cappello durante la guida (a portare il cappello non erano i giovani, era in uso presso la generazione precedente).
Per concludere penso che, con tutte le possibili distinzioni ed eccezioni, noi immigrati digitali, per quanto ci si possa impegnare, non potremo mai competere con le giovani generazioni. Loro hanno una marcia in più, mentre noi, come la generazione che ci ha preceduto, in testa … abbiamo il cappello.

mercoledì 29 aprile 2009

mercoledì 22 aprile 2009

Sul voto

Condivido pienamente le motivazioni di Andreas a giustificazione della piena valutazione dell’attività svolta dal gruppo IUL nel suo complesso. Condivido anche la scelta di assegnare a tutti i componenti il massimo dei voti, supponendo che ognuno, a seconda delle sue possibilità, abbia dato il massimo, scegliendo di curare maggiormente gli interventi sul proprio blog piuttosto che commentare i post degli altri.
Tuttavia sono un insegnante e sono abituato a valutare i miei alunni e soprattutto con il tempo ho imparato ad autovalutarmi. Ho seguito e continuo a seguire ogni giorno gli interventi dei miei colleghi e non posso non confrontare la loro produzione con la mia. Alcuni hanno avanzato proposte, hanno aperto discussioni, proposto spunti di riflessione utilizzando anche strumenti che altri ancora non usavano. Insomma hanno espresso competenze che altri non possedevano e le hanno messe a disposizione degli altri. Sono stati di incentivo con suggerimenti e aiuti permettendo a tutti di migliorare le proprie competenze multimediali. Se è vero che insieme, sotto la guida di Andreas, abbiamo costruito un ambiente di apprendimento nel quale ognuno con le proprie capacità ha messo la sua parte a disposizione di tutti, è altrettanto vero che qualcuno ha messo di più (abbiamo messo in pratica il principio egualitario per cui chi ha di più mette di più: sarebbe bello che venisse esteso anche ad altri contesti). Di questo sono riconoscente a tutti i miei colleghi e ad Andreas che ci permesso questa possibilità, ma resta il fatto che personalmente ritengo di aver dato meno di quel che ho ricevuto. Per questo motivo e per rispetto ai miei colleghi più competenti penso di dover essere valutato diversamente.

domenica 19 aprile 2009

Phun:

La mia “de-formazione tecnica” mi ha portato, nella ricerca di risorse “didattiche” in rete, ad imbattermi in Phun.
Phun (anche nella versione in italiano) è un freeware ideato dallo studente svedese Emil Ernerfeldt come tesi per un Master. Phun è un eccezionale simulatore di fisica 2D, visto in chiave “giocosa” (Il video mostra tutte le potenzialità). Offre una serie di strumenti di disegno semplici e convenzionali, ma quel che rende veramente divertente questa "incredible machine" è senza dubbio la grande libertà di creazione ed azione all'interno del fumettoso scenario del gioco. Infatti è possibile disegnare forme irregolari, cerchi, rettangoli da spostare col mouse, connettere elementi tra di loro e fissare oggetti nello spazio. Un bellissimo effetto, “liquefy”, consente di trasformare un oggetto in liquido oppure il valore “density” permette di definire la densità dell’oggetto, rendendolo più o meno pesante. Si possono costruire veicoli, farli correre, scontrare, cadere. Si possono costruire macchine semplici o complesse e metterle in funzione con pochi click. Ha le potenzialità per essere un ottimo strumento didattico.
L’ho fatto provare a mia figlia (9 anni): dopo il primo timido approccio ad uno strumento sconosciuto, si è presto appassionata a far rotolare biglie lungo un piano inclinato, aggiungendo via via degli oggetti che ne modificavano la traiettoria e cambiando l’inclinazione del piano. L’ho proposto a scuola con i ragazzi di una quarta: si sono messi a costruire di tutto, dal veicolo fuori strada di dimensioni enormi che passa sopra ogni cosa alla centrale idroelettrica con tanto di diga e turbina che si metteva a girare al fluire dell’acqua. Adatto quindi ai bambini e adolescenti, ma non solo. Il grado di interattività quasi totale porta a non staccarsi facilmente dal “gioco”, complice anche la sensazione di onnipotenza in un mondo creato dalla nostra fantasia.
Per queste caratteristiche originali ho ritenuto opportuno proporlo.


Questi i Link per la homepage e il download


Questo è un video dimostrativo su YouTube dove se ne possono trovare tanti altri.


sabato 11 aprile 2009

Sul Copyright

Sulla possibilità di utilizzare liberamente parti di opere dell’altrui ingegno il problema non sembra di facile risoluzione. Da una parte autori e produttori pretendono giustamente una ricompensa per il proprio lavoro, dall’altra chi acquista una copia di un’opera, che si tratti di musica o di film si ritiene in qualche modo proprietario della copia acquistata e di conseguenza autorizzato a farne l’uso che crede. Diverso è la riproduzione e la commercializzazione di opere altrui che andando ad intaccare gli interessi di autori e produttori sono da considerarsi un’appropriazione indebita. Allo stesso modo è da ritenersi la pubblicazione di opere in rete che permettendo ad altri di fruirne, sottrae guadagni ai legittimi proprietari con la mancata vendita.

Quando i supporti per la musica erano costituiti dal vinile e i film si vedevano solo al cinema il problema non esisteva: la riproduzione da parte degli utenti era quasi impossibile. Poi, con l’arrivo delle musicassette e delle videocassette, il mercato ha messo a disposizione strumenti di riproduzione analogica economici al punto tale da rendere facile e conveniente la “pirateria”. Successivamente, con la produzione di opere in formato digitale, con la diffusione del PC e di innumerevoli strumenti di editing e ancora con lo sviluppo e la diffusione di internet, il fenomeno si è ulteriormente aggravato assumendo dimensioni enormi. Sicuramente è necessaria una regolamentazione del settore e a livello globale. Ritengo tuttavia che la rete, soprattutto grazie agli strumenti del web 2.0, costituisca una grande comunità di persone e possieda anche una grande capacità di autoregolamentazione. Diversi autori hanno iniziato a pubblicare e commercializzare le loro opere direttamente in rete a prezzi equi, riscontrando un certo successo e rendendo di fatto non più conveniente la pirateria informatica. Ho fiducia nelle capacità di auto determinazione della rete che come un organismo vivente troverà le soluzioni più convenienti al proprio sviluppo e benessere.

Se nella rete, per accedere alla quale pago un canone, trovo documenti, immagini, musica, video mi sento autorizzato a fruirne, ad utilizzarli per i miei scopi. Secondo me la responsabilità risiede in coloro che pubblicano, non in chi usa le risorse della rete. Vanno perseguiti quelli che fanno l’upload di opere coperte da copyright, non quelli che ne fanno il download. Sono quindi gli autori che dovrebbero evitare di pubblicare materiale coperto da copyright. Viene da chiedersi perché lo fanno. Se lo fanno è una loro libera scelta e dovrebbero essere consci delle conseguenze.

Chi utilizza le risorse della rete per la realizzazione di testi che intende pubblicare senza scopo di lucro, secondo me, ha solo l’obbligo di citare le opere e gli autori delle stesse, rendendo in tal modo un favore agli autori stessi. Infatti la citazione può invogliare il lettore ad andare alla fonte, acquistando l’opera originale, che si tratti di libro, brano musicale, video, ecc.

Servirsi di opere esistenti è un fatto assolutamente normale che non ha nulla a che fare con il plagio. “(…) Si tratta di un problema assolutamente generale perché gli uomini non creano dal nulla bensì creano per accrescimento del creato che ciascuno di essi trova (…)”. Condivido pienamente questo pensiero che rimanda al famoso “nulla si crea, nulla si distrugge” (ma si trasforma). Nel creare qualcosa, anche di assolutamente innovativo, rivoluzionario, diverso si parte sempre da una base preesistente, anche quando la si nega.
Credo che le condizioni esposte in Creative Commons Attrib… che riporto sotto, sintetizzino molto bene il nocciolo della questione:
· Attribuzione. Devi attribuire la paternità dell'opera nei modi indicati dall'autore o da chi ti ha dato l'opera in licenza e in modo tale da non suggerire che essi avallino te o il modo in cui tu usi l'opera.
· Non commerciale. Non puoi usare quest'opera per fini commerciali.
· Condividi allo stesso modo. Se alteri o trasformi quest'opera, o se la usi per crearne un'altra, puoi distribuire l’opera risultante solo con una licenza identica o equivalente a questa.

giovedì 9 aprile 2009

Non mi piace come i giornalisti parlano del terremoto

Cerco di fare qualcosa, ma continuano a tornarmi in mente immagini e parole che vedo e sento in questi giorni seguendo i telegiornali. La tragedia causata dal terremoto in Abruzzo mi turba. Quei fatti destano in me sentimenti che dentro lavorano. Nascono riflessioni. Seguo le interviste alle persone. Colgo la paura, il dolore per le vittime e le distruzioni, la disperazione di quanti hanno perso tutto. La disperazione che nasce dalla consapevolezza che non si è trattato di un incidente a cui si può rimediare, ma di un evento che cambierà completamente la vita di tante persone. Niente sarà come prima. Il loro mondo si è dissolto. Luoghi, cose, relazioni perdute per sempre. Non si può restare insensibili a tutto questo. Continuare a fare le cose di tutti i giorni, prepararsi a festeggiare la Pasqua, organizzare una gita al mare, andare a far visita a parenti come vuole la tradizione senza essersi fermati un momento a riflettere.
Un plauso agli uomini e donne della protezione civile e dei vigili del fuoco che hanno organizzato e guidato con tempestività e precisione i primi soccorsi. Finalmente, almeno questo, un servizio che funziona in questo paese. Un plauso anche alle tante organizzazioni di volontari accorse.

Non mi piace come i giornalisti parlano del terremoto, come intervistano le persone. Non mi piace quando insistono sui visi delle persone cercando di carpire l’emozione, la lacrima, il dolore e trasformarli in ‘audience’, in spettacolo, suscitando nello spettatore pietà, compassione (…il TG1 delle ore 20 ha avuto uno ‘share’ del …%). Trasformano le persone in attori di se stessi. Certo questo è il momento della solidarietà, ma non è certo suscitando in noi spettatori la compassione, che aiutiamo quella gente. Oggi ho visto un uomo anziano che parlava delle sue bestie, che non avevano da mangiare, che dovevano essere spostate perché erano in pericolo: ne aveva perse alcune sotto le macerie della stalla crollata. La giornalista gli ha chiesto di quantificare il danno. L’uomo l’ha guardata perplesso, poi ha risposto, credo solo per educazione, che ogni pecora valeva circa cento euro. La giornalista misurava la perdita in termini commerciali, mentre l’espressione dell’uomo sembrava invece dire: – ho perso i miei animali che erano la mia passione, la mia vita, non tanto il mio reddito - Due modi molto diversi di vedere e dare valore alle cose. Non ho mai visitato L’Aquila e la sua provincia, ma da quel che ho potuto vedere dalle immagini di questi giorni il capoluogo e i paesi intorno con i loro centri storici costruiti in pietra nel corso dei secoli, erano tanti gioielli dell’architettura. Lì si svolgeva la vita di tante persone, fatta di relazioni, di legami affettivi. Si parla di abbandonarli per ricostruire altrove, data l’entità dei danni. Una enorme perdita per il mondo intero, non solo per gli abitanti che rischiano di disperdersi chissà dove, distruggendo così quel tessuto sociale così importante nella vita delle comunità
.
Ora, di fronte a questa immane tragedia, mi chiedo: era possibile prevedere questo terremoto? Probabilmente no.
Prevenire le conseguenze catastrofiche invece si.
Come è possibile che in un paese tra i più ricchi del pianeta, dove si conoscono bene i rischi sismici del territorio, si continui a non prendere i dovuti provvedimenti? Terremoto dopo terremoto, alluvione dopo alluvione si continua a d affidarsi alla provvidenza. Si continua a sperare che la prossima volta non tocchi a noi. Un paese ricco dicevo dove le risorse ci sono per avviare quegli interventi necessari a rendere sicure case, opere d’arte e città, ma che vengono destinate ad altro. Non parlo delle casse dello Stato tristemente vuote, ma delle tante ricchezze, spesso ostentate, che si vedono in giro. Una notizia di questi giorni per dare il senso di ciò che voglio dire. - La città di Jesolo sulla riviera veneta, a pochi chilometri da Venezia, ha visto negli ultimi anni uno sviluppo edilizio impressionante. Si costruiscono lussuosi appartamenti per le vacanze, anche da milioni di euro, che vengono venduti ancora prima di essere costruiti - .
Quando me la prendo con i giornalisti è perché vorrei che si facesse anche un altro tipo di giornalismo, che ponga domande, che rifletta, che contribuisca a suscitare domande e riflessioni nello spettatore. Che serva a far crescere la consapevolezza che un mondo migliore, più autentico si può costruire.

Lo sapevate che?

Girovagando in rete ho incontrato questo video, non proprio recentissimo, che forse avrete già visto, ma che voglio postare perchè tra le altre cose sottolinea la velocità con cui le nuove tecnologie stiano trasformando profondamente ogni aspetto della società e come le professioni odierne, compresa la scuola che prepara ad esse, saranno inadeguate non solo per chi entra nel percorso scolastico oggi ma anche per chi già vi è dentro.


http://dotsub.com/view/22c19ed0-949b-4ea4-8a99-a5506f9b8e2d

giovedì 2 aprile 2009

Modalità di espressione

Riprendo la riflessione iniziata ieri dopo la visione del video di sir Ken Robinson. Le questioni che Robinson espone in modo così brillante sono esattamente ciò che penso. Non solo, esprimono ciò che penso, che io non sarei mai riuscito ad esprimere con la stessa intensità, chiarezza e incisività. Ma neanche lontanamente. Credo che per molti di noi quei livelli siano irraggiungibili, ma che importa, se c’è qualcuno che lo può fare per noi? Ed è esattamente ciò che ha fatto Pierluigi: ha usato le parole, l’immagine, la personalità e l’autorevolezza di qualcuno per dire delle cose che evidentemente condivide. Ha raggiunto l’obbiettivo di comunicare e condividere contenuti. Non importa se non è stato lui materialmente a pronunciare quelle parole, è come se lo avesse fatto.
In fondo ha solo fatto una citazione, ma espressa direttamente dall’autore con quella forza illocutoria che non tutti possiedono. Tutto ciò è stato possibile perché stiamo facendo questo corso, perché ci è stata data la possibilità di esprimerci liberamente, anzi siamo stati incitati a farlo.
Penso alla scuola, alla mia in particolare, a tanti ragazzi costretti a esprimersi entro canoni prestabiliti ormai da secoli: esposizione scritta, esposizione orale. Nessun’altra possibilità. E se provieni da una famiglia, da un ambiente dove non si parla se non per monosillabi? E se non sei predisposto? Sei condannato ad avere nella tua carriera scolastica sempre un voto basso in italiano. Col tempo, a forza di quattro, ti convinci che per te non c’è scampo. Sei negato! E allora perché impegnarsi? Perché studiare? Tanto non c’è possibilità di migliorare. Questo per dire che vi sono tante forme di espressione, basti pensare all’arte, e che la scuola dovrebbe aprire le porte a questa possibilità tanto più ora che le nuove tecnologie, con la loro usabilità ne permettono un facile utilizzo.
Sono rimasto indietro. Non ho coltivato le connessioni, non come avrei voluto. Sono entrato in 'reader' quasi ogni giorno e grazie ai 'feed' ho letto, anche se frettolosamente, i tanti post che hanno proliferato senza sosta (siete davvero vulcanici). Forse qualcuno si sarà chiesto dove sono finito. Ero impegnato con un esame lasciato indietro e che finalmente ho dato e superato, anche se non brillantemente.

Mi torna in mente la metafora dell'orto. Entrarci, rivolgere uno sguardo ai pomodori, all'insalata, ai piselli, notare che andrebbero annaffiati, curati e non fare niente perchè impegnato con altro. Uscirne con un senso di frustrazione dovendo riconoscere i propri limiti. Sono solo un maschio 'mono-tasking'.

Le connessioni, le interazioni hanno un senso se vanno ad alimentare un dialogo con scambi quasi sincroni. Entrare nel dibattito a distanza di tempo sui tanti argomenti trattati diventa difficile, si è fuori tempo e ci si disperde, l'atmosfera intanto si è trasformata. Si può sempre rifletterci sopra a freddo, ma ormai hai perso il calore dell'attimo.



Da quel che leggo, apprendo che siete tutti entusiasti delle nuove competenze che andate acquisendo, delle nuove modalità di utilizzo delle risorse della rete, che ci hanno permesso di uscire dall'ambito ristretto dell'ambiente IUL. Entusiasti soprattutto dell'ambiente collaborativo di costruzione della conoscenza. Anch'io apprezzo questa novità, non che nella IUL non ci avessimo provato, ma lì ci si sentiva limitati, controllati, irregimentati. Effettivamente fuori e con le indicazioni di Andreas è tutta un'altra cosa. Mi mancano ancora alcuni passaggi, ma cercherò di mettermi al passo entrando nel vivo delle questioni aperte. Già intravvedo alcune possibilità di utilizzo dei nuovi strumenti con i miei alunni.



Per prima cosa ho seguito il suggerimento di Andreas e sono andato a vedere il video di Ken Robinson (Do Schools Kill Creativity?) che aveva proposto Pierluigi .Mi ha molto colpito (ho lasciato un post ).

mercoledì 18 marzo 2009

Sono i folli a cambiare il mondo?

Questo video è da vedere

http://www.youtube.com/watch?v=gLqqJDSWvyU




Sono i folli a cambiare il mondo?

Per cambiarlo bisogna crederci.

giovedì 12 marzo 2009

chi sono io?

"... ogni qualvolta un soggetto comunica qualcosa a un altro, egli definisce nel medesimo tempo, se stesso e l'altro, nonchè la natura e la qualità della relazione che li unisce." (L. Anolli)
Insomma, io sono quello che comunico di me. Riuscire a comunicare tutto sarebbe un'impresa titanica. Mi limiterò ora a qualche breve notizia di carattere biografico e pertinente (se ho ben capito) a quanto richiesto dal prof.

Ho 52 anni, sono sposato e padre di due figlie entrambe primogenite ... di madre. Sono un insegnante tecnico pratico da 22 anni e da 11 insegno laboratorio di elettrotecnica al triennio dell'istituto tecnico industriale di Conegliano in provincia di Treviso. I miei alunni, esclusivamente maschi, salvo qualche rara eccezione, hanno mediamente un'età compresa fra i 16 e i 19 anni. Prima di entrare nella scuola ho fatto diversi lavori (ho iniziato a 14 anni). Il primo, presso un fabbro, lo ricordo con molta nostalgia, nonostante la fatica e il nero sulle mani che neanche con la striglia ... Dare forma alle cose con le proprie mani è impagabile e, molto poco modestamente, è quello che mi riesce meglio, in modo naturale. Si dice che (cito a memoria) "... il piede libera la mano e la mano libera la parola ..." e "... con lo sviluppo del linguaggio nasce la cultura ..." Boh! Non tutte le ciambelle ...

Ho diversi interessi che coltivo nel tempo libero dal lavoro, dallo studio e, volendo, dagli impegni familiari. Mi piace viaggiare, visitare posti nuovi, osservare le persone. Mescolarmi a loro, assorbire la parlata, i modi di essere e di fare, annusare gli odori, osservare i colori, la luce. Immergermi insomma. Confondermi. Sono un 'turista fai da te', ma avendo al seguito la famiglia, pianifico con cura i miei viaggi . Forse quest'ultima parte non è proprio pertinente. E' che stò giusto pianificando un tour della Corsica a fine luglio, così ... e poi il prof. dice di esprimersi liberamente. Comunque mi porterò i libri, come faccio da due anni, da quando sono iscritto alla IUL, perchè con la lentezza che mi è tipica, non so quando riuscirò a completare il percorso.

Sono stato pertinente?

Il mio primo post

In realtà l'avevo già creato un blog. Due anni fa. Poi non ne feci più nulla. Ora l'ho riesumato e modificato nell'impostazione. Per ora lo lascio così, minimalista. Poi si vedrà.