sabato 11 aprile 2009

Sul Copyright

Sulla possibilità di utilizzare liberamente parti di opere dell’altrui ingegno il problema non sembra di facile risoluzione. Da una parte autori e produttori pretendono giustamente una ricompensa per il proprio lavoro, dall’altra chi acquista una copia di un’opera, che si tratti di musica o di film si ritiene in qualche modo proprietario della copia acquistata e di conseguenza autorizzato a farne l’uso che crede. Diverso è la riproduzione e la commercializzazione di opere altrui che andando ad intaccare gli interessi di autori e produttori sono da considerarsi un’appropriazione indebita. Allo stesso modo è da ritenersi la pubblicazione di opere in rete che permettendo ad altri di fruirne, sottrae guadagni ai legittimi proprietari con la mancata vendita.

Quando i supporti per la musica erano costituiti dal vinile e i film si vedevano solo al cinema il problema non esisteva: la riproduzione da parte degli utenti era quasi impossibile. Poi, con l’arrivo delle musicassette e delle videocassette, il mercato ha messo a disposizione strumenti di riproduzione analogica economici al punto tale da rendere facile e conveniente la “pirateria”. Successivamente, con la produzione di opere in formato digitale, con la diffusione del PC e di innumerevoli strumenti di editing e ancora con lo sviluppo e la diffusione di internet, il fenomeno si è ulteriormente aggravato assumendo dimensioni enormi. Sicuramente è necessaria una regolamentazione del settore e a livello globale. Ritengo tuttavia che la rete, soprattutto grazie agli strumenti del web 2.0, costituisca una grande comunità di persone e possieda anche una grande capacità di autoregolamentazione. Diversi autori hanno iniziato a pubblicare e commercializzare le loro opere direttamente in rete a prezzi equi, riscontrando un certo successo e rendendo di fatto non più conveniente la pirateria informatica. Ho fiducia nelle capacità di auto determinazione della rete che come un organismo vivente troverà le soluzioni più convenienti al proprio sviluppo e benessere.

Se nella rete, per accedere alla quale pago un canone, trovo documenti, immagini, musica, video mi sento autorizzato a fruirne, ad utilizzarli per i miei scopi. Secondo me la responsabilità risiede in coloro che pubblicano, non in chi usa le risorse della rete. Vanno perseguiti quelli che fanno l’upload di opere coperte da copyright, non quelli che ne fanno il download. Sono quindi gli autori che dovrebbero evitare di pubblicare materiale coperto da copyright. Viene da chiedersi perché lo fanno. Se lo fanno è una loro libera scelta e dovrebbero essere consci delle conseguenze.

Chi utilizza le risorse della rete per la realizzazione di testi che intende pubblicare senza scopo di lucro, secondo me, ha solo l’obbligo di citare le opere e gli autori delle stesse, rendendo in tal modo un favore agli autori stessi. Infatti la citazione può invogliare il lettore ad andare alla fonte, acquistando l’opera originale, che si tratti di libro, brano musicale, video, ecc.

Servirsi di opere esistenti è un fatto assolutamente normale che non ha nulla a che fare con il plagio. “(…) Si tratta di un problema assolutamente generale perché gli uomini non creano dal nulla bensì creano per accrescimento del creato che ciascuno di essi trova (…)”. Condivido pienamente questo pensiero che rimanda al famoso “nulla si crea, nulla si distrugge” (ma si trasforma). Nel creare qualcosa, anche di assolutamente innovativo, rivoluzionario, diverso si parte sempre da una base preesistente, anche quando la si nega.
Credo che le condizioni esposte in Creative Commons Attrib… che riporto sotto, sintetizzino molto bene il nocciolo della questione:
· Attribuzione. Devi attribuire la paternità dell'opera nei modi indicati dall'autore o da chi ti ha dato l'opera in licenza e in modo tale da non suggerire che essi avallino te o il modo in cui tu usi l'opera.
· Non commerciale. Non puoi usare quest'opera per fini commerciali.
· Condividi allo stesso modo. Se alteri o trasformi quest'opera, o se la usi per crearne un'altra, puoi distribuire l’opera risultante solo con una licenza identica o equivalente a questa.

giovedì 9 aprile 2009

Non mi piace come i giornalisti parlano del terremoto

Cerco di fare qualcosa, ma continuano a tornarmi in mente immagini e parole che vedo e sento in questi giorni seguendo i telegiornali. La tragedia causata dal terremoto in Abruzzo mi turba. Quei fatti destano in me sentimenti che dentro lavorano. Nascono riflessioni. Seguo le interviste alle persone. Colgo la paura, il dolore per le vittime e le distruzioni, la disperazione di quanti hanno perso tutto. La disperazione che nasce dalla consapevolezza che non si è trattato di un incidente a cui si può rimediare, ma di un evento che cambierà completamente la vita di tante persone. Niente sarà come prima. Il loro mondo si è dissolto. Luoghi, cose, relazioni perdute per sempre. Non si può restare insensibili a tutto questo. Continuare a fare le cose di tutti i giorni, prepararsi a festeggiare la Pasqua, organizzare una gita al mare, andare a far visita a parenti come vuole la tradizione senza essersi fermati un momento a riflettere.
Un plauso agli uomini e donne della protezione civile e dei vigili del fuoco che hanno organizzato e guidato con tempestività e precisione i primi soccorsi. Finalmente, almeno questo, un servizio che funziona in questo paese. Un plauso anche alle tante organizzazioni di volontari accorse.

Non mi piace come i giornalisti parlano del terremoto, come intervistano le persone. Non mi piace quando insistono sui visi delle persone cercando di carpire l’emozione, la lacrima, il dolore e trasformarli in ‘audience’, in spettacolo, suscitando nello spettatore pietà, compassione (…il TG1 delle ore 20 ha avuto uno ‘share’ del …%). Trasformano le persone in attori di se stessi. Certo questo è il momento della solidarietà, ma non è certo suscitando in noi spettatori la compassione, che aiutiamo quella gente. Oggi ho visto un uomo anziano che parlava delle sue bestie, che non avevano da mangiare, che dovevano essere spostate perché erano in pericolo: ne aveva perse alcune sotto le macerie della stalla crollata. La giornalista gli ha chiesto di quantificare il danno. L’uomo l’ha guardata perplesso, poi ha risposto, credo solo per educazione, che ogni pecora valeva circa cento euro. La giornalista misurava la perdita in termini commerciali, mentre l’espressione dell’uomo sembrava invece dire: – ho perso i miei animali che erano la mia passione, la mia vita, non tanto il mio reddito - Due modi molto diversi di vedere e dare valore alle cose. Non ho mai visitato L’Aquila e la sua provincia, ma da quel che ho potuto vedere dalle immagini di questi giorni il capoluogo e i paesi intorno con i loro centri storici costruiti in pietra nel corso dei secoli, erano tanti gioielli dell’architettura. Lì si svolgeva la vita di tante persone, fatta di relazioni, di legami affettivi. Si parla di abbandonarli per ricostruire altrove, data l’entità dei danni. Una enorme perdita per il mondo intero, non solo per gli abitanti che rischiano di disperdersi chissà dove, distruggendo così quel tessuto sociale così importante nella vita delle comunità
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Ora, di fronte a questa immane tragedia, mi chiedo: era possibile prevedere questo terremoto? Probabilmente no.
Prevenire le conseguenze catastrofiche invece si.
Come è possibile che in un paese tra i più ricchi del pianeta, dove si conoscono bene i rischi sismici del territorio, si continui a non prendere i dovuti provvedimenti? Terremoto dopo terremoto, alluvione dopo alluvione si continua a d affidarsi alla provvidenza. Si continua a sperare che la prossima volta non tocchi a noi. Un paese ricco dicevo dove le risorse ci sono per avviare quegli interventi necessari a rendere sicure case, opere d’arte e città, ma che vengono destinate ad altro. Non parlo delle casse dello Stato tristemente vuote, ma delle tante ricchezze, spesso ostentate, che si vedono in giro. Una notizia di questi giorni per dare il senso di ciò che voglio dire. - La città di Jesolo sulla riviera veneta, a pochi chilometri da Venezia, ha visto negli ultimi anni uno sviluppo edilizio impressionante. Si costruiscono lussuosi appartamenti per le vacanze, anche da milioni di euro, che vengono venduti ancora prima di essere costruiti - .
Quando me la prendo con i giornalisti è perché vorrei che si facesse anche un altro tipo di giornalismo, che ponga domande, che rifletta, che contribuisca a suscitare domande e riflessioni nello spettatore. Che serva a far crescere la consapevolezza che un mondo migliore, più autentico si può costruire.

Lo sapevate che?

Girovagando in rete ho incontrato questo video, non proprio recentissimo, che forse avrete già visto, ma che voglio postare perchè tra le altre cose sottolinea la velocità con cui le nuove tecnologie stiano trasformando profondamente ogni aspetto della società e come le professioni odierne, compresa la scuola che prepara ad esse, saranno inadeguate non solo per chi entra nel percorso scolastico oggi ma anche per chi già vi è dentro.


http://dotsub.com/view/22c19ed0-949b-4ea4-8a99-a5506f9b8e2d